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Ex-Parroci

P. GIACOMO BRUZZONE
(Genova Prà 23 gennaio 1877 – Genova 22 ottobre 1942)
III° Superiore generale

Nacque il 23 gennaio 1877 a Genova Pra. Ad 11 anni entrò nel Collegio di Prà e poi passò alla Pia Casa di Genova. I suoi studi furono coronati con il premio “Mazzini” che il Seminario assegnava a chi nell’intero corso teologico riportava i voti migliori.
Ordinato sacerdote nel 1901, fu trattenuto tra i “Figli di Maria” quale prefetto degli alunni. Eretta la Congregazione, fu il più giovane dei primi nove che nel 1904 emisero i voti.
Fu il primo Superiore dell’aspirandato aperto al S. Francesco di Lugnano in Teverina dal Padre Piccardo. Vi trascorse venti anni, che furono una benedizione per i ragazzi e per tutti i paesi vicini.
A Lugnano fu per vari anni anche Economo della Parrocchia di S. Chiara, la cui chiesa fu da lui completamente restaurata e ornata di due nuovi altari. Fra chiamato a confessare, a predicare e lo stesso S. Francesco diventò la meta di tanti uomini che per lui ritrovarono con gioia il Signore.
Con gli aspiranti era padre tenerissimo e sapeva infondere in loro un grandissimo spirito di sacrificio e di preghiera. Era un incanto ascoltarlo nelle meditazioni che egli dettava loro ogni mattina.
Nel 1928 fu eletto Consultore, Segretario generale e Superiore del Mascherone. Ma la brama che egli aveva di tornare a compiere il ministero fu appagata: il 3 agosto 1930 prendeva possesso della Parrocchia in Fiumicino, affìdata allora alla Congregazione.
Il suo modello era il Frassinetti, il suo programma: “Tutto per le anime”. Cominciò con i bambini. E poi vennero tutti da “P. Giacomo”. La chiesa era deserta, la popolazione ostile o indifferente; ma presto, con la forza della santità, fece cadere tutte le barriere. Regolarizzò circa duecento matrimoni, rimediò ai battesimi non fatti, avviò la vita sacramentale, creò associazione. Insomma P. Giacomo fu l’apostolo di Fiumicino.
Nel 1932 venne eletto Superiore generale e lo restò fino alla morte. Pose a base del suo generalato una vita di profonda pietà, nutrita da uno spirito tale di fede e di fiducia in Dio da riuscire un vero illuminato uomo di governo, per l’equilibrio sostenuto da rara prudenza e riservatezza e da una visione netta della finalità e necessità della Congregazione.
Prese particolarmente a cuore le opere d’Argentina, a cui dette incremento e vitalità. Nel suo viaggio del 1939 benedisse il terreno per l’erezione della Casa dell’Annunziata in Guillon per la formazione degli aspiranti. Aprí un nuovo campo di lavoro nella Diocesi di Rio Quarto nel suo viaggio del 1941, viaggio fatale per la sua salute.
Venerava il Frassinetti di cui voleva l’esaltazione alla gloria degli altari. Ne divulgò le opere e non si stancò di proporlo ai suoi figli come modello di vita sacerdotale. Nel 1934 curò la traslazione della venerata salma del Priore nella Cappella della Casa Madre di Genova, perchè fosse in mezzo ai suoi figli. E dopo pochi anni (1937) vi portò anche i resti mortali del I° Superiore generale P. Piccardo.
Ebbe la gioia di ottenere da Pio XII la promulgazione del Decreto di introduzione del Processo Apostolico del Frassinetti (1939).
Devotissimo alla Madonna ne curò ovunque la devozione e ritenne privilegio che la Congregazione avesse un santuario in suo onore: accettò infatti con entusiasmo quello della Guardia in Gavi (1931), offertogli dal Card. Boetto.
Ma il suo lavoro più profondo, minuzioso e tenace fu consolidare la vita spirituale (mariana ed eucaristica) dei Figli di Maria ed incrementare l’osservanza fedele delle Costituzioni. Ed a tutti fu di chiara esempio in questi tre “amori”, come lui li chiamava: le sante regole, Maria Santissima, Gesù Eucarestia.
Inoltre tutte le maggiori fatiche, che impreziosirono la sua opera come Superiore generale, dal gennaio 1935, furono accompagnate da continue e non lievi sofferenze fisiche, che non smorzarono ma anzi accentuarono il suo zelo per farsi tutto a tutti e tutti guadagnare a Cristo; certo moltiplicarono i meriti per la sua corona di gloria.
Il P. Bruzzone continua a vivere nel cuore di intere popolazioni, tra cui è passato bene facendo e sanando, e vive specialmente in quello dei suoi Figli che sentono di averlo protettore in cielo.
La venerata salma è stata tumulata nel Cimitero di Pra, in loculo riservato, nella stessa tomba del suo antico Direttore Don Giovanni Battista Boraggini.
Alcune testimonianze sul suo lavoro parrocchiale a Fiumicino
Ci riferisce P. Bernardoni:
“Con gli uomini era sempre attento e cordiale. Incontrandoli per la strada, se non erano i primi a salutare, ricevevano un salutone e alcune poche parole chiedendo loro notizie della famiglia e del lavoro. L’incontro non lo dimenticavano mai piú; le belve erano addomesticate ed il prete diventava il Padre Giacomo. In breve tempo la confidenza si accentuò sempre piú ed allora dopo che uno era stato curato e guarito nella coscienza e nella posizione matrimoniale, ed aveva gustato la gioia sana e vera dello spirito, e raccontava agli amici il bene che gli aveva fatto P. Giacomo, allora cento famiglie si sottomettevano alla stessa cura”.
Racconta P. Pregliasco:
“Una sera uno di questi sistemati, al colmo della gioia andava svegliando la gente del vicinato (erano le ore 22) per fare questa dichiarazione: Ero una bestia, ma ora sono cristiano perché mi sono sposato da Padre Giacomo”.
P. Mario Vecchi, originario di Fiumicino, scrive:“Un giovane diceva: per me lui è tutto, non credevo e ora credo”. E ancora altri:“Io lo stesso, quanto voglio bene a quel prete non lo so neppure io”.
“Io ho cominciato ad avvicinarmi ai preti da quando conosco P. Bruzzone, che non andavo in chiesa erano chissà da molti anni…mi sono confessato da lui e ore non manco mai”.
“Io credo in Dio, ma i preti li vorrei vedere tutti morti, però ci sono dei preti che fanno il loro dovere e allora…”. “Santo o non santo , certo è che su quel prete non c’è proprio nulla da dire”. E un bambino ”…i santi sono come P. Giacomo”.
Don Costantino Dini:“la figura di P. Giacomo era caratterizzata non da cose e avvenimenti straordinari ma dalla bontà e semplicità della sua vita quotidiana. In ogni momento dal suo raccoglimento si notava la sua unione con Dio e dai suoi modi gentili e signorili il suo amore per il prossimo”.
P. Bernardoni che fu suo collaboratore e poi suo successore: “In Fiumicino potranno venire personaggi illustri, uomini di grande nome e di fama…ma uno che possa lasciare un cosí profondo solco di affetto e simpatia nel cuore dei suoi abitanti, come P. Giacomo, non comparirà mai piú”.
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  P. GIOVANNI BATTISTA PREGLIASCO
(Saliceto 17 gennaio 1884 – Roma 21 gennaio 1971)
Era nato a Saliceto (Cuneo) il 17 gennaio 1884, fu ordinato sacerdote nel 1907. Dopo aver conseguito la laurea in teologia, passò dalla Diocesi di Mondoví alla Congregazione dei Figli di Santa Maria Immacolata. Entrato in Congregazione già sacerdote e laureato ha rinunciando a una non ipotetica carriera nella sua diocesi. Nel 1916 ha fatto il noviziato a Lugnano in Teverina sotto la guida di P. Antonio Minetti. I voti religiosi li emise soltanto nel 1919 alla fine della prima guerra mondiale alla quale lui, come richiamato, partecipò. Nel 1931 fu chiamato dall’obbedienza nella Parrocchia di Fiumicino e lí sostituí P. Bruzzone, eletto Superiore Generale, come parroco. Lavorò con tutto l’ardore che aveva; è rimasto famoso il 22 aprile 1935, giorno in cui si celebrarono 32 matrimoni di cui 21 erano situazioni illegittime da regolarizzare. Ebbe da allora inizio quella sua feconda attività pastorale in tutta la Diocesi di Porto e S. Rufina, che non venne mai meno anche se gravi uffici richiedevano altrove la maggior parte del suo impegno. Vicario coadiutore, parroco, vicario foraneo, esaminatore sinodale, membro delle principali commissioni diocesane della Diocesi, era visibilmente felice quando poteva rendersi utile con il suo generoso servizio. E benemerito della diocesi lo fu tanto, da averne spesso pubblico e solenne riconoscimento dagli eminentissimi Cardinali, Vescovi e da tutto il clero. Era profondamente amico del Cardinale Tisserant, Decano del Sacro Collegio, e tra loro la stima era di lega nobile. Penitenziere della Cattedrale della Storta e nonostante che fosse religioso era anche canonico. Esplicò la sua lunga e molteplice attività, svolgendo vari uffici: di maestro dei novizi, superiore, procuratore generale e postulatore generale della causa del Frassinetti. Ha offerto la sua attività in quasi tutte le opere della Congregazione rivestendo anche la carica di Consultore ed Economo Generale. Amava la Congregazione, si sentiva fin nelle midolla “Figlio di Maria” e questa sua disposizione la inculcò nei suoi novizi. Sempre profondamente signorile e delicato nel tratto, prudente nel consiglio, amabilissimo nei rapporti umani, servizievole quando poteva. La sua discrezione, la sapida parola che rivolgeva con fare paterno conquistava gli animi. Padre Pregliasco fu soprattutto educatore della gioventù; attraeva a sé con il suo metodo pieno di comprensione, con il suo tratto semplice e rispettoso anche del più piccolo ragazzo. Ed i giovani gli volevano bene e lo seguivano perché lo stimavano, anche se non aveva il loro stesso sprint. Quando il peso degli anni si fece sentire di più, continuò il suo ministero come confessore in comunità religiose e come direttore spirituale dell’Istituto Ecclesiastico di Roma, facendosi sempre più intensa la sua stessa vita spirituale nella preghiera e nella sofferenza. È morto accogliendo con serena pietà i doni sacramentali e pronunciando i nome di Gesú e Maria Santissima. La sua salma riposa nella tomba della Congregazione di Porto.
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 P. RINALDO BARBIERI
(Arquata Scrivia 17 aprile 1888 – Gavi 9 marzo 1970)
È nato ad Arquata Scrivia (Alessandria) 17 aprile 1888 ma ha trascorso tutta la sua fanciullezza a Pra dove la sua famiglia si era trasferita.
Il giorno della sua prima comunione, come lui racconta, decise di farsi Sacerdote, e nel 1900 entrò nel Collegio di Prà, da cui passò alla Casa di Genova e poi a quella di Roma per il noviziato. Professò il 2 ottobre 1906 e fu ordinato sacerdote nel 1914 a Lugnano in Teverina. Come egli stesso scrisse, gli furono di grande aiuto negli anni di formazione l’esempio e la comprensione di P. Gaggero, di P. Minetti che sempre venerò come “Padre” e del P. Bruzzone, che per primo gli aveva proposto di entrare nella Congregazione.
Fu richiamato alle armi e passò anni duri in zona di guerra. Di brillantissimo ingegno — nonostante gli anni passati nel servizio militare — conseguí vari titoli accademici, ecclesiastici e civili, preparandosi cosí all’apostolato tra i giovani studenti, ai quali dedicò poi gran parte del suo apostolato.
Il suo ministero fu da lui svolto in quasi tutte e nostre Casa d’Italia, spesso con uffici di grande responsabilità. In esse fu successivamente professore, direttore. Ricco ancora di energia, pur avendo superata la sessantina, accettò di essere per nove anni Parroco a Fiumicino e per tre anni Rettore al Santuario di Nostra Signora della Guardia in Gavi.
Ovunque lasciò l’impronta del suo ingegno, del suo spirito d’iniziativa, del suo buon cuore, del suo allegro e buono spirito sacerdotale.
Dopo una vita attivissima chiese infine ed ottenne di passare la serena vecchiaia prima al “suo” collegio di Prà e infine al Santuario di Gavi, ove nel raccoglimento tranquillo e nella preghiera assidua, invocando con grande fede la Vergine Santa si preparò alla morte, affinando sempre più il suo spirito quasi fino agli ultimi giorni vivace, cercando di non far pesare sugli altri gli acciacchi e gli incomodi della vecchiaia.
Amò sinceramente la Santa Chiesa e la Congregazione; fu devotissimo della Vergine Santa; fu sempre contento del suo Sacerdozio.
Lucido e sereno, dopo aver ricevuto con devozione i Santi Sacramenti il 9 marzo del 1970 rese l’anima di Dio, il Signore lo volle cosí premiare della gioia con cui visse il suo Sacerdozio.

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P. CESARE BILANCINI
(Sestino 24 ottobre 1924 – Verona 20 giugno 1985)

Era nato a Sestino (Arezzo) il 24 ottobre 1924. Ben presto la sua famiglia si trasferí a Genova, dove il papà avrebbe trovato un lavoro piú redditizio, davvero necessario per i bisogni dei suoi sei figli. Il suo parroco, nella lettera di presentazione all’Aspirantato, testimoniava che Cesare era un chierichetto molto assiduo. Il fratello Guido ha confidato: “Cesare ha sempre avuto quella vocazione, fin da piccolo diceva: sarò sacerdote”. Entrò nella nostra famiglia come aspirante nel 1936 nella Pia Casa di Genova, novizio a Roma nel 1941, l’8 settembre del ’42 emette la prima professione religiosa e nel ’46 quella perpetua. Da allora la sua ascesa sulle vie di Dio fu sicura e rapida: sacerdote nel 1950 nella chiesa dei Santi Apostoli, consacra le primizie del suo ministero agli aspiranti di Porto e poi a Gavi come insegnate. Dal 1 ottobre del ’65 è parroco a Fiumicino dove per 19 anni esplica con zelo la sua missione sacerdotale e realizza il suo sacerdozio. Amò Fiumicino e Fiumicino amò lui. Non c’era problema della vita cittadina che non lo vedesse impegnato con perspicace ardore e giusto criterio. Le famiglie povere, i disoccupati, i giovani sposi, le famiglie in difficoltà morali, i malati, gli anziani, i giovani, tutti insomma trovavano in lui il padre e l’amico pronto e generoso. Amava moltissimo il decoro della Casa di Dio: restaurò l’interno e l’esterno della Chiesa, curò con impegno e zelo che le funzioni sacre sì svolgessero con solenne dignità e decoro liturgico in tutto. Collocò, nella piazza centrale di Fiumicino, una statua marmorea della Madonna Assunta, quale amabile Padrona, sulla sua cittadina. Nella lettera di commiato l’Arciv. Mons. Pangrazio gli scrisse fra l’altro: « … Ma le benemerenze per la sistemazione della chiesa, per aver reso tutto decoroso e funzionale, per la cura delle celebrazioni e l’esempio luminoso di fede, di pietà, di carità, d’interessamento per ciascuno, sono un dono che resta scritto nel cuore di molti ed anche nel mio». Si può dire che l’insieme delle sue scelte, delle sue azioni, dei suoi atteggiamenti e, quindi, dei desideri che hanno solcato la sua vita, ispirandola, sono riconducibili alla logica per cui è vissuto: “Soli Deo gloria”. Sono queste le parole, la chiave di lettura che Cesare apponeva alle sue domande: prima alla professione religiosa e poi all’ordinazione sacerdotale. E terminava siglando: “Laus Deo”. Uomo semplice e buono, religioso fedele, sacerdote tutto di Dio. Aperto ai problemi sociali della zona, privilegia il tempio, come casa del Signore, seguiva con particolare premura umana e sacerdotale gli anziani e gli ammalati. Sapeva coltivare l’amicizia. Viveva profondamente il senso di appartenenza alla sua famiglia, alla Congregazione, alla Chiesa. Nel 1977 inizia il suo calvario a causa di un meningioma che verrà asportato con intervento chirurgico per ben quattro volte. Proprio a causa della sua salute, nell’ottobre dell’84, accetta di trasferirsi a Verona, nella parrocchia di Maria Ausiliatrice, dove avrebbe svolto un lavoro apostolico meno gravoso, ma pur sempre prezioso nella vigna del Signore. Anche qui ha goduto la simpatia dei confratelli e dei fedeli che hanno apprezzato la sua semplicità d’animo e la sua bontà sacerdotale. Il 15 maggio, offrendo la sua sofferenza per le vocazioni, entrava con grande serenità nella sala operatoria. Il lungo intervento era riuscito, ma ben presto sopraggiunsero complicazioni: l’immobilità della gamba sinistra, la flebite ed infine un’embolia. Il suo corpo è stato tumulato nel cimitero di Fiumicino, loculo 1° set. LD n° 5/III.
 

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